Gli elefanti sono una specie animale dominata da un profondo spirito di socialità e di “gregge”, tale da estendersi anche a dopo la morte di un anello della catena. Il mondo scientifico, infatti, ha già documentato la presenza, adottando termini inerenti alla sfera umana, di “rituali” funebri condotti dalla mandria per onorare un defunto, soprattutto in Africa.
Un paper scientifico pubblicato il 26 febbraio su “Journal of Threatened Taxa“, tuttavia, avrebbe testimoniato e descritto le modalità di sepoltura condotte dal gregge per i defunti cuccioli di elefante; si tratta di un campo di ricerca nuovo, perché condotto nell’area del Bengala settentrionale, dove gli studi sono assai meno numerosi a differenza dei già più documentati comportamenti degli elefanti africani. Come riportato dal paper, gli elefanti asiatici adotterebbero una prassi funebre comune e molto particolare, in simbiosi altresì con la presenza antropica nella regione.
Il panorama del Bengala settentrionale (nei distretti di Darjeeling, Kalimpong, Jalpaiguri e Alipurduar) offre foreste frammentate, piantagioni di tè, reti di fiumi con campi agricoli e stabilimenti militari intersecati da ferrovie e autostrade. In questo ambiente la pressione antropica si è intensificata nel corso dei decenni, a discapito delle aree popolate da elefanti; tuttavia, a causa del profondo rispetto nutrito dalla popolazione locale nei confronti di questa specie, il numero di elefanti sarebbe progressivamente aumentato, sebbene i loro spazi si siano inevitabilmente approssimati sempre di più a quelli umani, in particolare nelle piantagioni da tè.
Questa antropizzazione è accompagnata dal contemporaneo processo di riscaldamento globale, che spinge le mandrie sempre di più verso luoghi abitati da uomini, permettendo così ai ricercatori di evidenziare dei comportamenti degli animali che altrimenti sarebbero rimasti ignoti.
Mediante osservazioni, fotografie, note durante il lavoro in campo e i rapporti post-mortem, un team di ricerca avrebbe raccolto una serie di informazioni e testimonianze sull’attività funeraria degli elefanti della regione. L’autore principale dello studio è Parveen Kaswan, ufficiale del servizio forestale indiano, nonché profondo conoscitore della fauna selvatica locale; tra gli altri autori si può annoverare Akashdeep Roy, ricercatore senior presso l’IISER (Indian Institute of Science Education and Research) di Pune.
Nel paper si annoverano cinque siti, situati all’interno di piantagioni di tè, nei quali sono state rinvenute delle sepolture di cuccioli (di età non maggiore di 12 mesi) di elefante. Un elemento in comune che li lega consiste nella modalità di sepoltura, caratterizzata dall’interramento di tutta la parte superiore della carcassa, con l’eccezione degli arti inferiori, i quali fuoriescono dal terreno. Sulla base delle impronte, nonché di alcune testimonianze fotografiche, si evince che lo spostamento del cadavere è frutto di un lavoro collettivo (mediante trascinamento degli arti inferiori e della proboscide), così come l’effettiva sepoltura dell’animale.
In alcuni casi, come provato dalle guardie che difendono le piantagioni, le mandrie avrebbero anche intonato dei “canti funebri”, dalla durata di 30-40 minuti, prima di abbandonare il cimitero.
La particolare modalità di interramento potrebbe evidenziare un interessamento maggiore, da parte degli elefanti, per la testa e la proboscide; in ogni caso il senso di attaccamento e rispetto verso il defunto è un elemento assolutamente evidente. Questo comportamento, tuttavia, non si può estendere agli elefanti adulti, i quali, una volta deceduti, non riceverebbero il medesimo trattamento, probabilmente perché troppo pesanti da trasportare per la mandria.
Tutti e cinque i siti sono situati relativamente vicini ad aree di insediamento antropico, si passa infatti dai 150 metri ai 700 metri di distanza, e a diversi chilometri dalle foreste più vicine. Un secondo elemento che è emerso concerne il comportamento post-mortem della mandria; a differenza di quanto è stato provato per gli elefanti africani, i quali sono soliti recarsi più di una volta nel cimitero a seconda dei diversi stadi di decomposizione della carcassa, quelli asiatici abbandonerebbero definitivamente il luogo di sepoltura. Nel giro di 40 minuti, infatti, la mandria si sposta e non ripercorre mai più la strada battuta, adottando un percorso alternativo e parallelo.
Il paper suggerirebbe altresì che gli elefanti distinguano in modo evidente le aree antropizzate da quelle disabitate, intonando dei canti funebri relativamente brevi così da non disturbare o alienare gli uomini presenti. È opportuno sottolineare che la forestale, dopo che la mandria ha abbandonato il cimitero, ha estratto le carcasse dai siti citati, portando quindi a evidenti difficoltà di comparazione tra la specie africana (che, in natura, ritorna nei luoghi di sepoltura) e quella asiatica.
Questo studio getta quindi le fondamenta per futuri ricercatori desiderosi di cimentarsi in questo campo non particolarmente studiato e sviluppato, evidenziando altresì gli elementi di continuità e discontinuità tra specie africana e asiatica. Per chi volesse approfondire questa ricerca, riportiamo in fondo il link al paper completo.
Fonte: Journal of Threatened Taxa
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