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Ghost of Yotei: un’esperienza in bianco e nero che sceglie di non osare

di Riccardo Rizzo

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Dopo avervi raccontato le nostre prime impressioni su Ghost of Yotei, abbiamo continuato a esplorare la regione di Ezo nei panni di Atsu. Abbiamo proseguito la sua caccia ai seguaci di Lord Saito, esplorando al contempo le aree che compongono il vasto mondo di gioco. Non siamo ancora giunti ai titoli di coda, ma abbiamo deciso di raccontarvi già da ora alcune considerazioni approfondite – per quanto ancora parziali, soprattutto riguardo il fronte narrativo – sulla nuova esclusiva per PlayStation 5.

Ghost of Yotei: un’esperienza in bianco e nero

Avventurandoci più in profondità nel viaggio di vendetta di Atsu, è diventato evidente come Ghost of Yotei sia un titolo in bianco e nero, sia nella sua struttura ludica che nelle possibili emozioni scaturite nei giocatori. Si tratta di un videogioco dicotomico, in cui grandi pregi si alternano a enormi difetti e ingiustificabili lacune.

Una formula che, di fatto, lo farà amare da alcuni e odiare da altri. Già da ora ci sentiamo di affermare con una certa sicurezza che Ghost of Yotei è un’esperienza fortemente divisiva. Nella sua fruizione non ci sono vie di mezzo. Come nella modalità Kurosawa, non ci sono scale di grigi. Le sue componenti sono o profondamente riuscite o nettamente carenti sotto vari punti di vista.

Cosa ci ha convinto

Partiamo proprio da quegli elementi che più ci hanno convinto e che ci stanno spingendo a continuare a giocare. La parte più riuscita dell’esperienza è sicuramente il sistema di combattimento. Per quanto piuttosto lineare e privo di rivoluzioni, il combat system risulta divertente, avvincente e spettacolare – soprattutto nei duelli, sempre cinematografici e in grado di mettere in scena scontri al cardiopalmo. Questo anche perché, di base, il livello di difficoltà è generalmente più alto rispetto al primo capitolo. Non si tratta mai di una sfida insormontabile, sia chiaro, ma Sucker Punch ha optato per un bilanciamento in grado di impegnare il giocatore e costringerlo a non abbassare mai la guardia. Molto interessante, a riguardo, la scelta di sostituire le pose del primo capitolo con un arsenale diversificato. Rispetto a Jin Sakai, Atsu può impugnare diverse armi bianche, ognuna dedicata a un nemico specifico.

L’altro grande punto di forza è l’eccezionale comparto estetico: la regione di Ezo è visivamente splendida. Gli scorci del Monte Yotei sono memorabili, e la scelta di limitare al minimo l’HUD rende unica l’esplorazione. Attraversare le pianure e le montagne della mappa di gioco è un’esperienza contemplativa e riflessiva.

Molto spesso ci è capitato di soffermarci sulla corsa del nostro cavallo tra i campi in fiore, sul risalire un ruscello in mezzo a un bosco, sul rilassarsi in una sorgente termale, sul suonare lo shamisen in cima a una montagna e sul dedicarsi alla pittura sumi-e mentre si ascolta il cinguettio degli uccelli e il fruscio degli alberi. Tutte situazioni intime e profonde, che si amalgamano in maniera omogenea al viaggio spirituale della protagonista per vendicare la sua famiglia e trovare la pace in una terra che finora le ha ricordato solo morte, fuoco e sangue. A tutto questo bisogna poi aggiungere l’ottima colonna sonora, che insieme al sound design garantisce un’immersione ancora più profonda.

Cosa non ci ha convinto

Visti questi due grandi punti di forza, è un peccato che l’esperienza di Ghost of Yotei sia controbilanciata da altrettanti aspetti negativi. Elementi che, tra l’altro, sono strettamente connessi ai pregi del titolo. Partiamo dalla componente che più ci ha deluso: la narrazione. Nonostante le premesse non originalissime, l’incipit ci aveva incuriosito. L’idea di associare la figura di Atsu a un onryo, un fantasma in grado di ritornare nel mondo dei vivi in cerca di vendetta, è intrigante, ma lo sviluppo della storia è raccontato in modo banale e prevedibile.

La main quest è monocorde, priva di grandi colpi di scena, cambi di ritmo o climax di qualsivoglia genere. I personaggi inoltre sono generici, senza anima, privi di una personalità distintiva. E questo vale sia per i comprimari che per i Sei di Yotei, a eccezion fatta, per ora, di Lord Saito e Yone, la mamma di Atsu. Atsu che, di fatto, non ci ha conquistato. La protagonista è monoespressiva, ed è molto difficile empatizzare con lei e con la sua storia. Questo anche a causa, va detto, della pessima regia e di un comparto di animazioni goffo e superficiale, che insieme azzerano il pathos creato dagli ambienti di gioco.

A una missione principale non brillante si unisce poi un open world fin troppo quantitativo. La lista di attività sembra spesso infinita, con una lunghissima sfilza di attività e missioni secondarie da svolgere per potenziare il personaggio. Se nelle prime ore queste possono risultare affascinanti e divertenti, facendo sembrare quella di Ghost of Yotei un’esperienza ludica omogenea e interconnessa, presto diventano ripetitive e tediose. Ignorarle completamente è inoltre sconsigliato, perché si rischia di trovare ulteriori difficoltà nella vicenda centrale.

In particolare, a non convincerci nella struttura dell’open world sono ancora una volta le missioni, superflue e cariche di dialoghi vuoti e privi di mordente. La gran parte delle attività si risolve nel dover recarsi in un luogo, eliminare i nemici e ritornare in un altro punto della mappa per riscuotere la ricompensa.

Ulteriore nota negativa, infine, lo stealth. Per quanto passabile e tutto sommato funzionale, le fasi di infiltrazione ed eliminazione silenziosa sono fin troppo arcaiche, con un’intelligenza artificiale semplicemente inesistente. In più di un’occasione dunque abbiamo preferito optare per un approccio diretto, affrontando i nemici con un duello frontale.

Un’esclusiva che non basta a definire l’anno di PS5

Insomma, è chiaro che Ghost of Yotei non sia un brutto prodotto. Nel complesso si lascia giocare, e se avete apprezzato Tsushima e non siete stanchi delle strutture a mondo aperto più tradizionali, il viaggio di Atsu saprà sicuramente intrattenervi per decine e decine di ore. L’ultima opera di Sucker Punch Productions però si ferma a questo. Lo studio di sviluppo sceglie di non osare, accontentandosi di un more of the same del capitolo del 2020.

Il risultato è un’opera che non solo non innova nulla rispetto al passato, ma che risulta anche peggiore in quello che dovrebbe essere uno dei capisaldi delle produzioni first-party di Sony: la narrazione. A cinque anni da Ghost of Tsushima e in un 2025 che ha visto in Yotei l’unica grande esclusiva dei PlayStation Studios, ci aspettavamo decisamente di più.

E voi, cosa ne pensate di Ghost of Yotei? State continuando il cammino di vendetta dell’onryo? Fatecelo sapere sulla nostra pagina Instagram! E non dimenticate di continuare a seguirci qui sulle pagine di Nasce, Cresce, Respawna per rimanere sempre aggiornati su tutto il mondo del gaming.

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