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Europei, il miracolo della Danimarca nel 1992

di Alessandro Colepio

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Gli Europei del 2024 sono appena iniziati e le migliori rappresentative nazionali del nostro Continente sono pronte a regalare spettacolo sui prestigiosi palcoscenici tedeschi. Fra le principali squadre che non sono riuscite a qualificarsi spicca il blocco nordico composto da Norvegia, Svezia, Islanda e Finlandia: con buona pace delle popolazioni scandinave, la Danimarca sarà l’unico Paese dell’Europa settentrionale a prendere parte ad Euro 2024.

La nazionale biancorossa, che è stata inserita nel gruppo C con Inghilterra, Serbia e Slovenia, non è affatto una squadra da sottovalutare: il CT Kasper Hjulmand può contare su giocatori come Kasper Schmeichel, Andreas Christensen, Victor Kristiansen del Bologna, l’ex Lecce Morten Hjulmand, Christian Eriksen e Rasmus Hojlund. La favorita per la vittoria del girone è sicuramente la nazionale inglese, per cui è lecito prospettarsi una sfida a due fra Danimarca e Serbia per l’accesso agli ottavi.

Sarà una dura sfida per la squadra proveniente dallo Jutland, che però quando si parla di Europei è abituata ai miracoli: nel 1992 la Danimarca si è laureata campione d’Europa al termine di una competizione che non doveva neanche giocare, riuscendo persino a segnare un cambiamento epocale nel regolamento del calcio.

Gli Europei del 1992: gli antefatti

Andiamo per gradi. Ai Mondiali del 1986 in Messico, quelli che consacreranno Maradona nell’Olimpo del grande calcio, la Danimarca gioca solo quattro partite, eppure conquista il cuore dei tifosi di tutto il mondo. La nazionale biancorossa, che durante la rassegna iridata dell’86 acquisirà il soprannome Danish Dynamite, domina il proprio girone asfaltando Germania Ovest, Uruguay e Scozia. La cavalcata dei danesi si arresta agli ottavi di finale contro la Spagna di Butragueño, che vinse la partita 5-1 dopo essere passata in svantaggio nel primo tempo.

L’euforia per il calcio danese dura solo per qualche settimana: al ritorno dal Mondiale, il CT Piontek viene aspramente criticato dalla stampa nazionale, che attacca anche alcuni dei giocatori chiave della squadra. Quattro anni dopo la Danimarca fallisce clamorosamente la qualificazione ai Mondiali in Italia del 1990, mettendo di fatto fine al periodo della Dinamite Danese.

Nel 1992 si giocano gli Europei in Svezia e la Danimarca è in pieno periodo di transizione: Richard Nielsen, ex assistente di Piontek, è diventato il nuovo CT; Michael e Brian Laudrup, le due stelle della squadra, hanno lasciato il ritiro durante le qualificazioni per qualche discrepanza tattica con l’allenatore. I presupposti non sono dei migliori e, come era lecito aspettarsi, la nazionale di Copenhagen non riesce a conquistarsi un posto ad Euro 1992. O almeno, non ci riesce sul campo. Mentre l’Europa si prepara a seguire gli Europei, la situazione precipita in Jugoslavia. Gli scontri fra le etnie delle varie Repubbliche degenerano pian piano nella guerra civile: è il preludio alla fine di uno Stato che era miracolosamente riuscito a rimanere unito, nonostante le differenze culturali, fin dal 1929.

Dieci giorni prima dell’inizio del torneo, vale a dire il 1 giugno 1992, una risoluzione ONU esclude la Jugoslavia dalla competizione e ripesca la Danimarca, che in quelle qualificazioni era arrivata al secondo posto dietro proprio alla nazionale balcanica. Gran parte dei giocatori danesi in quel momento è in vacanza, ma alla chiamata del CT non c’è nessuno che si tiri indietro. Torna anche Brian Laudrup, riappacificatosi col tecnico per il bene del proprio Paese.

L’11 giugno 1992 è la data dell’esordio: l’avversario è l’Inghilterra, non certo una corazzata, e la partita finisce 0-0. Sono i primi 90 minuti della Danimarca agli Europei del 1992, quelli che non avrebbero dovuto neanche giocare: i calciatori danesi esibiscono delle vistosissime abbronzature, frutto dei giorni di vacanza precedenti alla chiamata lampo della Federazione.

Il miracolo di Euro 1992

All’Europeo in Svezia prendono parte 8 squadre, divise in due gironi da 4. La Danimarca, oltre che con l’Inghilterra, deve vedersela con la nazionale svedese e con la Francia, mentre nell’altro gruppo sono sorteggiate Olanda, Germania, Scozia e la Comunità degli Stati Indipendenti, una realtà nata dopo lo scioglimento dell’URSS e composta da calciatori delle ex Repubbliche sovietiche.

Ritorniamo alla nostra Danimarca: dopo aver pareggiato la prima partita contro gli inglesi, i ragazzi di mister Nielsen perdono 1-0 con la Svezia e rischiano l’eliminazione dal torneo. Per qualificarsi alla fase successiva serve una vittoria contro la Francia, che arriva per 2-1 grazie alle reti di Larsen ed Elstrup.

La Danimarca supera il girone al secondo posto in virtù dei tre punti conquistati (all’epoca la vittoria valeva 2 punti) e vola in semifinale, dove incontra i Paesi Bassi, la corazzata capolista dell’altro girone. La sfida, che almeno sulla carta dovrebbe essere a senso unico, regala spettacolo: Larsen sblocca il risultato dopo 5 minuti, poi arriva il pareggio di Bergkamp. Al minuto 33 è ancora un indemoniato Larsen a riportare avanti la Danimarca, che però viene nuovamente raggiunta da un gol di Rijkaard.

La parità regge fino ai calci di rigore: la Danimarca segna tutti e 5 i suoi penalty, mentre per i Paesi Bassi sbaglia Marco Van Basten. La Danimarca supera la squadra favorita per la vittoria del torneo e strappa un biglietto di sola andata per la finale dell’Ullevi Stadion di Goteborg.

Il 26 giugno del 1992 si gioca Danimarca-Germania, davanti ad un pubblico di 37mila spettatori e alle telecamere di tutto il mondo. I tedeschi avevano eliminato in semifinale la Svezia padrona di casa e possono contare su giocatori del calibro di Kohler, Klinsmann, Effenberg e Brehme, ma non hanno ancora fatto i conti con la voglia di sognare dei danesi: la partita finisce 2-0 per i biancorossi, che segnano al 18′ con Jensen e al 78′ con Vilfort. Il miracolo è avvenuto: la Danimarca vince il primo Europeo nella sua storia e lo fa nell’anno in cui non si era nemmeno qualificata. Solo il calcio può regalare simili magie.

Piccola curiosità: la Danimarca del 1992 è stata l’ultima squadra ad applicare il retropassaggio sistematico al portiere, che all’epoca poteva bloccare il pallone con le mani anche quando servito dai compagni. Schmeichel era la soluzione preferita dai giocatori danesi per congelare un eventuale vantaggio: in finale, l’attaccante Povlsen servì il proprio numero 1 con un lancio arretrato di addirittura 50 metri. Pochi mesi dopo gli Europei del 1992 entrò in vigore la regola attuale, già approvata in primavera dall’IFAB, che determinò forse la più grande rivoluzione tattica nella storia di questo sport.

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