di Alessandro Colepio
5 febbraio 1985, isola di Madeira. In una piccola e povera casa del capoluogo portoghese, Maria Dolores Dos Santos mette al mondo il quarto dei suoi figli. La gravidanza non è stata affatto facile: il padre, Josè Dinis Aveiro, riesce a stento a portare il pane a tavola e combatte da tempo col demone sul fondo della bottiglia -lo stesso che lo porterà nella bara-. Maria Dolores, che praticamente svolge il ruolo di tuttofare in casa, era arrivata al punto di cercare metodi alternativi per abortire, visto che il suo medico era quello che oggi definiremmo “obiettore di coscienza”. Quattro bocche da sfamare sono tante per la giovane coppia portoghese, eppure contro ogni previsione il parto va a buon fine.
Ora bisogna solo dargli un nome: la madre è una fervente cattolica, mentre il padre è un acceso sostenitore dell’allora presidente USA Ronald Reagan. Inizia così, un po’ per caso e un po’ per il fato, la storia di Cristiano Ronaldo Dos Santos Aveiro, il miglior marcatore di tutti i tempi, che nella sfida di ieri contro la Croazia ha raggiunto quota 900 gol. Madeira, Lisbona, Manchester, Madrid, Torino, ancora Manchester, Riad: El Bicho, come lo chiamavano in Spagna, è riuscito a lasciare il segno dovunque sia stato.
All’età di 39 anni, CR7 continua ad apporre pietre miliari sul suo cammino. Al di là delle preferenze personali, è impossibile negare l’importanza che il fuoriclasse lusitano riveste sia dentro che fuori dal campo. Una cosa è certa: uno così, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, non nascerà mai più. Arrogante, certo, sicuramente divisivo, per alcuni fin troppo ossessionato dai successi e dai record, ma anche l’uomo che più di tutti ha valorizzato il lavoro quotidiano e la sfida con se stessi prima che con gli altri. Un modello a cui aspirare, un semidio arrivato sull’Olimpo non per diritto di nascita ma conquistandosi la vetta gradino dopo gradino. Un punto di riferimento ieri, oggi e domani, per tutti i giovani sportivi del mondo.
Il 900esimo gol di Cristiano Ronaldo
Portogallo-Croazia, partita valevole per il girone A di Nations League, si gioca all’Estadio Da Luz di Lisbona. Al 7′ minuto Dalot apre le danze, permettendo ai palleggiatori del Portogallo di prendere in mano la partita. Al 30′ minuto i lusitani provano a imbastire un’azione sulla destra, vengono chiusi dalle coperture dei croati e preferiscono cercare spazio dall’altra parte. Bernardo Silva riceve in mezzo al campo, poi allarga per Nuno Mendes, che come al solito si è spinto in avanti a cercare fortuna.
Il terzino del PSG arriva sulla trequarti avversaria e controlla la palla da fermo, praticamente senza ritmo, poi tutto d’un tratto lancia uno sguardo in mezzo e frusta la sfera col mancino. Il cross parte forte, teso, ma gira abbastanza da abbassarsi praticamente al centro dell’area, che da circa 20 anni è il territorio di caccia preferito della tigre con la maglia numero 7.
Cristiano Ronaldo si libera della marcatura, sbuca in mezzo ai due centrali croati e arriva sulla palla con la ferocia di un ragazzino che vuole spaccare il mondo. Piattone al volo, palla sotto la traversa, Livakovic battuto ancora una volta. Lo stadio esplode, CR7 corre a braccia aperte per prendersi l’amore dei suoi tifosi, poi arriva verso la bandierina del calcio d’angolo e scoppia in un pianto liberatorio. È il suo gol numero 900 in carriera, l’ha segnato con la maglia che più di tutte le altre ha amato e ama ancora. Quel ragazzino di Madeira ne ha fatta di strada.
Il prossimo obiettivo? Beh, non c’è neanche da chiederlo: quota 1000 gol. Cristiano l’ha dichiarato nel suo nuovissimo canale Youtube, che in poco tempo ha rotto ogni record di iscritti e visualizzazioni, tanto per gradire. Dovrebbe farcela nel giro di 2 o 3 stagioni, roba da niente per uno che fra poco avrà 40 anni. Non so perché, ma ho come l’impressione che l’età non sarà un problema. Appuntamento al 2027, ma occhio, con Cristiano Ronaldo non si può mai stare tranquilli. Se non ci credete, chiedete alle difese di mezza Europa.
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