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ESCLUSIVA NCI – Prendersi il Covid in Cina, Alessandro Pavanello ci racconta cosa succede

di Marco Bilato

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Alessandro Pavanello ci racconta in esclusiva cosa sta succedendo in Cina tra continui lockdown, centri di isolamento in cui vengono portati i malati e il totale stravolgimento di moltissime vite.

Raccontaci in breve il tuo background

“Mi chiamo Alessandro Pavanello, sono un padovano che abita in Cina. Abito qua ormai dal settembre 2015, quindi da sei anni e mezzo. Mi sono trasferito in Cina con l’intento di trovare un lavoro all’interno dell’industria musicale cinese”.

“Sono venuto qui perché avevo già fatto un viaggio a Pechino nel 2014, dove ho conosciuto un po’ di persone che lavoravano nell’industria musicale locale. Quindi, riallacciando i contatti, sono riuscito a trovare qualcuno che mi offrisse un lavoro a Pechino. Poi mi sono spostato a Shanghai nel maggio 2016. Da quel giorno lavoro per Kanjian, un’azienda che offre servizi all’interno dell’industria musicale come la distribuzione digitale alle piattaforme streaming e marketing”.

Qual è l’iter da seguire in Cina quando ti ammali di Covid?

“È abbastanza vario nel senso che chiunque risulti positivo al Covid sa che prima o poi dovrà andare in uno di questi centri di isolamento, l’esperienza varia drasticamente da persona a persona per motivi che sono a noi oscuri. Ad esempio la mia ragazza è risultata positiva al Covid il 25 di marzo per poi essere trasferita in un centro di isolamento 3 giorni dopo mentre io che son risultato positivo all’antigene la prima volta il 26 di marzo ma sono stato trasferito solo il 9 aprile”.

“So di gente che comunque è rimasta a casa per due settimane. Non c’è una tempistica definita comunque, alla fine dei conti i positivi dovranno prima o poi finire dentro questi centri. Si può restare dentro dai 3 giorni alle 3 settimane, per poter uscire bisogna risultare negativi ai tamponi 2 o 3 volte di seguito (ogni centro ha i suoi modi di gestire i pazienti) e dopo che si risulta negativi bisogna ottenere documenti speciali da mostrare alla propria comunità per poter entrarvi e alla fine bisogna organizzare anche i trasporti. È un processo abbastanza lungo soprattutto le ultime due fasi che necessitano anche dai 2 ai 6 giorni per essere concluse”.

Da quando è partito il virus, quanto e com’è stata limitata la tua libertà personale in Cina?

“Quando c’è stata una crescita di casi, più o meno intorno a marzo, la mia libertà è andata progressivamente diminuendo. Per poter accedere ad alcuni luoghi, come il mio ufficio o la palestra, serviva un tampone negativo”.

“Dal 10 al 25 di marzo mi facevo tamponi regolarmente, la settimana dal 18 al 28 mi son fatto un tampone ogni 2 giorni. C’è stata la settimana dal 17 al 24 in cui più posti iniziavano a chiudere o comunque avevano accesso limitato. Fondamentalmente c’era il sentore che le cose stessero andando in peggio anziché in meglio”.

cina covid

“Dittatura sanitaria” è un termine da molti utilizzato nei social italiani da quanto è partita la pandemia, cosa ne pensi a riguardo confrontando la situazione che stai vivendo in Cina, con ciò che accade in Italia?

“Dittatura sanitaria in Italia? Ehehehehe. Secondo me la dittatura sanitaria che c’è in Cina non può essere paragonata con nessun’altro paese al mondo. In particolare per il modo in cui hanno trattato l’individuo in questi centri di isolamento. Il semplice fatto che abbiano forzato le persone a farsi i test e ad essere prelevate da casa con forza nel caso non avessero collaborato, secondo me è una dimostrazione chiara che la dittatura sanitaria cinese è a livelli astronomici. Chi si lamenta della dittatura sanitaria in Italia probabilmente non ha visto niente”.

Com’è la “giornata tipo” in uno di questi centri di isolamento?

“Ci si sveglia la mattina presto, nel mio caso con un vicino di letto rumoroso, alle 4 e mezza/5 ero già sveglio. Dopo essermi svegliato ci si lava i denti e la faccia, poi si aspetta un po’ a letto a vaneggiare fino alle 6 e mezza dove arriva la colazione e verso le 8/9 iniziano i primi tamponi della giornata. Chi non si deve fare il tampone può andare nel cortile a farsi una camminata o stare al telefono”.

“Verso le 11 e mezza arriva il pranzo, dopodiché ci sono i tamponi del pomeriggio. Passato il pomeriggio, alle 5 e mezza c’è la cena e dopo si attende il momento di riprendere sonno. Verso le 9 e mezza/10 vengono spente quasi tutte le luci e poi si prova a dormire sperando che il “vicino di stanza” non sia troppo rumoroso. Le giornate in sostanza sono tutte così poiché non c’è alcun intrattenimento”.

Come ti hanno comunicato che saresti dovuto andare in questi centri di isolamento? E come sei stato portato lì?

“Mi è stato comunicato via messaggio e con qualche chiamata. Mi hanno avvertito la prima volta il 29 marzo. Sono stato portato lì con un pulmino; il 9 aprile il personale sanitario ha messo un messaggio vocale in loop con un megafono intimandomi di uscire di casa. Sono sceso di casa e sono entrato nel bus, lasciando casa all’una e mezza di pomeriggio e sono arrivato al centro di isolamento alle 2 di notte”.

alessandro pavanello

Le persone che ti circondano nella vita quotidiana, sia nel lazzaretto che fuori, cosa pensano riguardo alla strategia che sta mettendo in atto il governo cinese?

“Alcune persone con cui ho avuto l’occasione di parlare non erano contentissime di essere in questo contesto, non penso però che si chiedessero perché erano state messe in una situazione del genere. Altre invece erano addirittura quasi contente di essere in questo “lazzaretto” perché almeno avevano la certezza di ottenere 3 pasti al giorno”.

“Generalmente gli altri amici cinesi da fuori non sono particolarmente felici di venir trattate in questo modo, alcuni di loro mi hanno detto che stavano considerando la possibilità di andarsene dal paese, cosa che per loro, essendo cittadini cinesi, è più difficile per un discorso di visto. In generale c’è malumore per queste scelte e soprattutto il dubbio che siano state pensate in modo scientifico”.

Come si comporta il personale sanitario con i malati gravi?

“Non c’erano molti malati gravi nel mio centro, anzi, in molti sembravano asintomatici al massimo con un po’ di tosse. Appena arrivati al centro dovevamo firmare una liberatoria che stipulava che noi non avremmo ricevuto nessun tipo di trattamento medico a meno che non fossimo stati in procinto di morte”.

“All’interno del centro c’erano persone con condizioni mediche precarie, con stampelle ecc… Ricordo una signora in sedia a rotelle attaccata ad una bombola di ossigeno. Sono presi in considerazione se stanno avendo dei problemi ma la struttura di per sé non è adatta per accogliere persone con problemi medici seri”.

Situazioni comiche o tragicomiche a cui hai assistito?

“Il mio vicino di stanza si metteva a usare il cellulare a volumi astronomici alle 4 di mattina, lasciava il cellulare acceso con i video che andavano in loop e se ne andava. Si alzava dal letto e lasciava il telefono a fa baldoria”.

“Poi le conversazioni dei vicini di stanza, come se fossero al bar, alle 5 di mattina. Gli sputi… la gente sputava nei cestini, nei lavandini e per terra come se niente fosse. Alcuni fumavano dentro la zona per stendere i panni, sono al lazzaretto per guarire dal Covid e si comportano come nulla fosse”.

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