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Due mesi senza vedere il sole, evacuati 100 civili dall’acciaieria di Mariupol

di Antonio Stiuso

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Circa 100 civili sono stati evacuati dall’acciaieria di Azovstal, nella città assediata di Mariupol. A darne notizia è il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, tramite il suo profilo Twitter.

Imprigionati nell’acciaieria

Le Nazioni Unite, in coordinamento con la Croce Rossa, sono riuscite ad evacuare 100 civili da quella che per due mesi era divenuta la loro prigione: l’acciaieria di Azovstal di Mariupol. I civili, dopo il salvataggio, hanno raggiunto il territorio controllato dal governo di Kiev. Purtroppo questi costituiscono soltanto una piccola parte delle persone intrappolate al suo interno. Si ritiene, infatti, che dentro l’acciaieria siano presenti altre 500 persone in attesa di soccorsi.

A dare notizia dell’operazione ci pensa lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, tramite il suo profilo twitter: “È iniziata l’evacuazione dei civili da Azovstal. Il primo gruppo di circa 100 persone si sta già dirigendo verso l’area controllata. Domani li incontreremo a Zaporizhzhia. Grati al nostro team. Ora, insieme all’Onu, stanno lavorando all’evacuazione di altri civili dall’impianto”.
Russia e Ucraina

Russia e Ucraina (@Shutterstock)

La testimonianza di una sopravvissuta

“Non ci posso credere. Due mesi di buio”. Così esordisce, dopo essere stata liberata, una dei civili intrappolati all’interno dello stabilimento. Si chiama Natalia Usmanova, che, una volta raggiunta la luce in fondo al tunnel, sorride e si porta, incredula, le mani sul volto. La donna, che ha riportato la sua testimonianza alla Bbc, è tra i 100 civili che sono stati evacuati dall’acciaieria Azovstal di Mariupol.

“Non abbiamo più visto la luce del sole, avevamo paura. Quando siamo saliti sul bus ho detto a mio marito: non dovremo più andare al bagno con una torcia elettrica?”. La donna ha poi spiegato di essere andata in fabbrica come lavoratrice, insieme a suo marito, per salvarsi dalla guerra. “Quando abbiamo capito che stavano arrivando sempre più vicino a noi e siamo diventati sempre più spaventati, abbiamo cercato di andarcene”, così conclude il suo racconto la giovane donna ancora visibilmente traumatizzata. Questo è tutto quello che la guerra porta nei territori che la ospitano: paura, sconforto e povertà. Tutti sinonimi di sconfitta, perché in guerra non vince mai nessuno per davvero.

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