di Lorenzo Scorsoni
Durante la recente visita in Giappone, il Presidente a stelle e strisce Joe Biden ha espresso le sue fredde opinioni circa l’ “ambiguità strategica” nei confronti della Cina. I timori per un possibile assalto dell’isola di Taiwan da parte del Dragone Rosso non calano affatto, e Washington si prepara all’ipotetica risposta.
Ambiguità strategica, il passo indietro di Biden
Siamo nel 1979 quando l’America decise di opporsi alle intenzioni della Cina, riconoscendo l’indipendenza di Taiwan dalla Repubblica popolare cinese. Indipendenza che, come noto, non è mai stata supportata né riconosciuta dal gigante orientale, sempre più minaccioso per l’isola. Secondo il Taiwan Relations Act, stabilito negli USA, l’America sarebbe tenuta ad intervenire per garantire la difesa di Taiwan, ma non sono chiare le modalità secondo cui agire. Per ambiguità strategica si intende proprio la poca trasparenza della difesa: l’Act non specifica se gli aiuti riguardano l’invio delle armi, o un vero e proprio intervento militare. In realtà l’idea alla base è quella di mantenere stabile la situazione corrente, evitando la vera e propria proclamazione di indipendenza. Quest’ultima sfocerebbe, infatti, nell’attacco diretto da parte della Cina. Poco tempo fa, le dichiarazioni di Biden hanno però spostato l’asticella verso la così definita “chiarezza strategica”, stabilendo l’effettivo invio dell’esercito, qualora Taiwan fosse sotto attacco.
Le dichiarazioni di Washington
Stando al Corriere della Sera, la marcia indietro del Presidente USA ha destabilizzato anche funzionari a lui vicini, ma la decisione di Biden è chiara e priva di condizioni. Da un’intervista è venuta fuori l’intenzione di Washington che, restia ad intervenire in Ucraina, appare pronta a garantire la pace nel Pacifico. In ogni modo possibile.
“Lei non ha voluto un coinvolgimento militare diretto degli USA in Ucraina.” incalza un cronista, “Sarebbe pronto ad un coinvolgimento diretto nella difesa di Taiwan, se la situazione lo richiedesse?”
“Si”, secca la risposta di Biden, che sostiene il valore dell’impegno preso circa questa situazione. Le dichiarazioni dell’America non si sono tuttavia fermate qui, e proseguono con l’invito diretto a Pechino di “smettere di giocare con il fuoco”. I continui sconfinamenti dei jet militari cinesi nello spazio aereo dell’isola appaiono infatti come una seria provocazione, e gli USA non ci stanno. Il Presidente ha poi concluso con un riferimento alla guerra in Ucraina, affermando come l’invasione di Taiwan sarebbe un peso ancora maggiore per il mondo.
Anche la Cina si inizia a muovere
Che si considerino come complottismo o parole al vento, una cosa è sicura: la guerra in Ucraina è una prova. E questo l’America di Biden lo sa bene. Se la Cina dovesse riconoscere l’impotenza del resto del mondo nel tentativo di fermare l’avanzata russa, non si farebbe problemi ad invadere Taiwan, proclamando la Cina Unica. Non sono segrete le riunioni degli alti funzionari della finanza cinese, che da giorni portano avanti teorie su come le sanzioni potrebbero venir applicate anche alla Cina, qualora attaccasse. Ciò che può dar speranza, è che a differenza della Russia, il Governo Rosso ha mani in tutte le economie globali. Delle sanzioni strette ne limiterebbero eccessivamente l’azione. Allo stesso tempo, c’è da considerare che Xi Jin Ping è un ottimo osservatore, e sa di essere a capo della seconda potenza economica mondiale. Se l’America tagliasse i ponti economici con la Cina, sarebbe una mutua distruzione.
La Casa Bianca, un freno a Biden
Nonostante le dichiarazioni del Presidente risultino chiare, la Casa Bianca ha in seguito fatto un passo indietro. Un membro dell’amministrazione avrebbe aggiustato le affermazioni di Biden, considerando invariata la politica USA. Secondo lui, il Presidente intendeva che gli aiuti americani sarebbero i medesimi portati nella guerra in Ucraina, quindi allontanando l’idea del coinvolgimento diretto. Solo il tempo sarà in grado di dirci cosa potrebbe accadere, anche se la speranza è che non accada proprio nulla.
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