Il legame tra Artorias e Sif in Dark Souls non è un dettaglio secondario, e nemmeno solo un sottotrama per gli appassionati di lore. È una ferita che parla senza voce. È una delle storie più struggenti mai raccontate in un videogioco e lo fa senza doppiaggio, effetti speciali oppure cutscene spettacolari. Solo in silenzio, in memoria e amore. Quando incotri Sif, non stai affrontando un boss pronto ad ucciderti, ma affronti la lealtà estrema di cui solo un cane è capace.
Artorias, il Camminatore degli Abissi, era noto per il suo coraggio, uno dei quattro cavalieri del Lord, Gwyn. Così coraggioso che non ha esitato a gettarsi nell’Abisso quando Oolacile venne inghiottita dall’oscurità. Ma non era solo, al suo fianco c’era Sif, il suo compagno a quattro zampe. Il suo amico più fedele.
Non c’è bisogno di dialoghi per capire la profondità del loro legame. In un mondo dominato dal caos, il gesto più umano che vediamo è proprio quello di Artorias che, quando capisce che non potrà sopravvivere, sacrifica se stesso per salvare Sif. Lo protegge con l’ultimo briciolo della sua forza, lasciando che la sua fine sia l’inizio della missione del suo amico: proteggere, ricordare ma soprattutto restare.
Questo non è amore nel senso romantico come intendiamo noi, ma è qualcosa di più profondo. È fedeltà assoluta è la scelta di dare tutto per chi ti è stato vicino anche quando il mondo intorno a te, stava andando a pezzi.
Quando dopo anni arrivi tu, il Prescelto Non Morto, nel giardino di Darkoot, trovi Sif cresciuto, solo e silenzioso. Un lupo enorme che tra i suoi denti affilati tiene la spada di Artorias a guardia della sua tomba. Non ti aggredisce subito, prima la musica comincia. Lui si avvicina, ti guarda e se hai giocato il DLC e hai salvato Sif nel passato, abbassa lo sguardo, esita, ti riconosce.
Ma alla fine, combatte lo stesso.
Non perché ti odia, non perché è una creatura malvagia assetata di sangue, ma perché aveva promesso al suo padrone di impedire che gli altri finiscano nell’Abisso. Egli è il custode della volontà di un cavaliere che ha dato tutto per di salvarlo.
Combattere Sif è uno dei momenti più strazianti di Dark Souls può regalarti. Questo perché tu non vuoi farlo e neanche lui lo vorrebbe, ma lo dovete fare, perché è quello che vi chiede il gioco.
Chi ha avuto un cane, anche solo per poco, capisce. Capisce cosa vuol dire quello sguardo muto. I cani amano, senza chiedere nulla in cambio, ti aspettano, ti comprendono, anche se stai in silenzio. Ti seguiranno ovunque tu vada, e a volte, come Sif, rimangono a proteggerti anche quando di te, rimane solo un ricordo.
In un mondo corrotto, come quello di Dark Souls, dove tutto sembra perso, tutto crolla ed ormai la fiducia sembra un ricordo lontano, il legame tra Artorias e Sif è un raggio di quel briciolo di umanità che rimane. È la prova che l’amore esiste anche quando il mondo intorno a noi sembra ormai finito, è la fedeltà di chi non vuole dimenticare, di chi scegliere di restare, nonostante ciò significhi soffrire.
Sif non è la classica bossfight, è qualcosa di molto di più. È il momento in cui il giocatore capisce che, anche chi sembra invincibile ha perso qualcosa. E che l’amore, quello innocente, continua a combattere anche se ormai ha perso già tutto.
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Articolo di Pieralessandro Stagni
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