Il 2022 è stato un anno storico per tutta l’Argentina. La vittoria dei Mondiali in Qatar ha segnato i coronamento di un’intera generazione, quella di Messi, Di Maria e compagni, che con il prezioso aiuto delle nuove leve hanno regalato al popolo albiceleste una gioia che mancava da Messico ’86.
Il coinvolgimento emotivo attorno alla Scaloneta, soprannome dato alla squadra in onore del tecnico Lionel Scaloni, è sfociato a tratti nella riverenza religiosa, nella fede cieca e incrollabile verso i giocatori che hanno portato un popolo intero sul tetto del mondo. E parlando di soprannomi, non si può non soffermarsi sui famosi nicknames del calcio argentino.
Come tutti avrete notato, non esiste una singola persona in Argentina che non abbia un proprio soprannome. Alcuni riprendono caratteristiche fisiche, altri sono eredità familiari, altri ancora (specialmente per i calciatori) inquadrano determinate doti tecniche. Se qualcuno di voi si stesse chiedendo perché gli argentini hanno l’usanza di mantenere il proprio soprannome per tutta la vita, la risposta è tanto semplice quanto passionale.
La motivazione dietro alla nascita degli apodos è che il nome di battesimo viene scelto prima della nascita, per cui non può identificare veramente la persona. Il soprannome, l’apodo appunto, inquadra ciò che si è agli occhi degli altri, rappresenta quasi un biglietto da visita da mostrare al mondo. Vediamo alcuni dei soprannomi più iconici e curiosi dei calciatori dell’Albiceleste, passando anche per alcune vecchie conoscenze della Serie A.
Partiamo ovviamente dai due grandi geni del fùtbol rioplatense: Diego Armando Maradona e Lionel Messi. Il primo viene soprannominato El Pelusa a causa della sua folta chioma, prima di arrivare in Italia e diventare per tutti El Pibe de Oro. Discorso diverso per Messi, che a causa della sua statura e della sua rapidità è sempre stato chiamato La Pulga.
Passiamo ora ad uno degli eroi della spedizione qatariota, Emiliano Martinez, per tutti El Dibu: nome derivato da un personaggio di un cartone animato che in adolescenza gli assomigliava parecchio. Motivazione simile per El Kun Aguero, così soprannominato in onore della somiglianza col protagonista di “Kum Kum il cavernicolo”. In difesa troviamo alcuni apodos particolari, partendo da Nahuel Molina, detto El Galgo (che significa il levriero) per la sua incredibile velocità. Al suo fianco ha giocato sempre El Cuti Romero, che porta questo soprannome dalla nascita: glielo diede la sorella quando lo vide avvolto per la prima volta in un lenzuolo, un cuti appunto.
In mezzo al campo ha spiccato per tutto l’anno Rodrigo de Paul, perno della mediana sia in Nazionale che nell’Atletico Madrid. Il suo soprannome è La Topadora, il bulldozer, data la grande progressione palla al piede che l’ha sempre contraddistinto. Vicino a lui El Colo Mac Allister, per via dei capelli rossi (colo è la riduzione di colorado) e El Musico Enzo Fernandez, che come un direttore d’orchestra ha gestito la sinfonia albiceleste.
Passiamo ora al reparto offensivo, dove fra molti soprannomi famosi spicca anche qualche piccola chicca. Fra tutti Julian Alvarez, detto El Araña, il ragno, perché da piccolo sembrava avere 8 gambe quando giocava. Oggi è il suo marchio distintivo e quando segna mima il gesto di Spider-Man con le mani. Non c’è bisogno di spiegazione per El Toro Lautaro Martinez, La Joya (il gioiello) Dybala o El Fideo (lo spaghetto) Di Maria.
Passiamo adesso agli ex calciatori e a chi ha visto i Mondiali in Qatar da casa. Partendo dai due Tucu, Roberto Pereyra e Joaquin Correa, chiamati così perché nati nella provincia di Tucuman.
Spazio poi ai primi legami familiari: El Cholo Diego Simeone e, di conseguenza, El Cholito Giovanni. Il padre ha preso questo soprannome, che in Argentina indica gli stranieri, a causa dei suoi particolari tratti somatici. Suo figlio l’ha ereditato, come nel caso del Pipita (figlio del Pipa) Higuain e della Brujita (la streghetta, figlio della Bruja) Veron. Ci sono poi un paio di El Mudo, nello specifico Juan Roman Riquelme e Franco Vazquez, che si sono guadagnati la fama di calciatori “muti” per il loro carattere chiuso e introverso. Discorso simile per El Flaco, soprannome di Javier Pastore e Federico Fazio che in gioventù avevano un fisico molto magro. Il trequartista ex Palermo si è mantenuto sugli stessi standard, mentre il difensore della Salernitana ha avuto una grande crescita e oggi è noto anche come El Comandante.
Alcuni soprannomi indimenticabili sono poi: El Principe Milito, chiamato così per la somiglianza con l’uruguagio Enzo Francescoli (anche lui un principe); El Apache Tevez, perché cresciuto nel barrio di Fuerte Apache; El Cuchu Cambiasso, apodo tratto da un personaggio della TV argentina; El Valdanito Crespo, in onore della somiglianza col grande attaccante Jorge Valdano.
La medaglia d’oro per la fantasia va però agli amici di Maxi Moralez, trequartista minuto e molto tecnico con un passato all’Atalanta. Il suo apodo è El Frasquito, che letteralmente significa “il barattolino di marmellata”. Nulla a che vedere col cibo, però: la vera motivazione è che il suono prodotto quando lui calcia in porta ricorda molto quello del barattolo quando viene stappato.
Il melting pot argentino ha generato il connubio perfetto fra Europa e Sudamerica. La cultura del popolo albiceleste è un’unione di valori, usanze e tradizioni che ancora oggi fa innamorare milioni di appassionati in tutto il mondo.
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