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“App afterlife”: applicazioni che sfruttano l’intelligenza artificiale per aiutare ad elaborare il lutto

Le applicazioni afterlife sono vere e proprie app che aiutano gli utenti ad elaborare un lutto replicando le caratteristiche delle chat con i nostri cari scomparsi. Riuscendo a scrivere, parlare e dialogare esattamente come avrebbero fatto loro, dovrebbero sostenere durante il processo di accettazione del lutto. Le critiche etiche e morali, però, sono già moltissime.

Le app per elaborare il lutto

Alcuni chatbot sono stati sviluppati per replicare le caratteristiche delle persone che sono scomparse, offrendo la possibilità, all’utente, di interagire con un’intelligenza artificiale che ricordi i propri cari. In particolare in Cina queste applicazioni sono diventate un vero e proprio business, molto apprezzato da chi sta affrontando il dolore di un lutto. Ci sarebbero però alcune controindicazioni, dal momento che sarebbero presenti dei concreti pericoli per la salute mentale e la privacy. Questo sopratutto per i soggetti più fragili, come gli anziani o i minori.

I pericoli

Fra i diversi pericoli segnalati vi sono dei seri e concreti impedimenti nell’elaborazione profonda del lutto. Ma non solo: ci sarebbe anche l’inserimento di annunci pubblicitari “provenienti” dall’aldilà. In uno studio pubblicato sulla rivista Philosophy & Technology dai ricercatori Tomasz Hollanek e Katarzyna Nowaczyk-Basińska dell’Università di Cambrige, si sono analizzati tre possibili scenari futuri, sviscerando i diversi pericoli riscontrabili con il loro utilizzo. Sarebbe opportuno, innanzitutto, fissare un limite di età per l’utilizzo dei “deadbot” siccome i bambini che hanno perso una persona cara potrebbero avere maggior difficoltà ad elaborare il lutto in modo sano. Oltre a ciò, se un utente si dovesse impegnare economicamente per un periodo di diversi anni, ma i destinatari del servizio non lo utilizzassero, si rischierebbe di ricevere spam e messaggi come se provenissero dal parente defunto.

Il peso dell’emozione

Nonostante inizialmente il “parlare” con una persona che non è più fra noi potrebbe aiutare, portando quindi una sensazione di conforto, ciò potrebbe altresì rappresentare un peso emotivo davvero importante. “Il pericolo è quello di provocare enorme disagio in caso di persecuzioni da parte della memoria dei propri cari. Il potenziale effetto psicologico soprattutto in un momento già difficile, potrebbe essere devastante“. L’analisi si conclude inoltre con unavvertimento per tutti questi potenziali rischi: “Dobbiamo iniziare a pensare ora a come mitigare i rischi sociali e psicologici dell’immortalità digitale perché la tecnologia è già disponibile, non si tratta di un’eventualità associata a un futuro distante“.

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Francesco Ferri

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