“Il Diario di Anna Frank” è una delle testimonianze più importanti riguardanti l’olocausto della Seconda Guerra Mondiale. La ragazza originaria di Amsterdam è diventata il simbolo della lotta alle discriminazioni raziali e spesso il suo diario è un esempio di lettura per capire al meglio le atrocità del periodo storico. Fino ad oggi, erano ancora sconosciute le cause della sua morte, ma grazie a degli studi investigativi, forse la verità verrà a galla.
Una squadra di investigatori internazionali, aiutata da un ex agente dell’FBI, ha indagato per sei anni per trovare il colpevole. Al termine dei numerosi studi, l’imputato principale risulta essere il notaio olandese Arnold van der Bergh. Fu lui probabilmente a rivelare alla Gestapo, la polizia segreta della Germania nazista, la nicchia in cui si nascondeva la sedicenne con la sua famiglia.
Il notaio avrebbe tradito la famiglia Frank per tutelarsi con la legittima difesa. Il Jewish Council aveva stilato elenchi di indirizzi di famiglie ebree nel tentativo di mostrare ai tedeschi che stava collaborando e, come membro di questo organismo, l’olandese potrebbe averlo ottenuto e usato per cercare di proteggere la propria famiglia. Come membro del Consiglio, Van den Bergh aveva fatto di tutto per ottenere una tregua temporanea dalla deportazione.
L’indirizzo però finì nelle mani sbagliate, ovvero agli ufficiali delle SS, e la famiglia Frank fu catturata il 4 agosto del 1944 su ordine delle forze armate. Gli investigatori però ancora oggi, non hanno ancora prove ufficiali su come il notaio abbia fatto trapelare l’indirizzo. Inoltre, ci sarebbe anche una nota anonima misteriosa, arrivata ad Otto Frank al termine della Guerra. Il padre di Anna, sopravvissuto all’olocausto, ricevette questo foglietto da cui sono partite queste recenti indagini.
Non vi è ancora chiarezza, ma in sei anni di ricerche si sono analizzati più di 70 gigabyte di documenti cercando di eseguire e collegare più avvenimenti possibili per arrivare ad una soluzione.
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Di Enea Bacciocchi
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