di Gianmichele Trotta
Recentemente si sente sempre più spesso parlare di “influenza del cammello”. Si tratta della sindrome respiratoria mediorientale da Coronavirus (MERS-CoV) ed è un parente del più famoso virus che ha cambiato la società negli ultimi due anni di pandemia. L’enorme traffico di turisti causato dai mondiali in Qatar, dove è storicamente presente, ha spinto le autorità sanitarie a pubblicare diverse allerte spiegandone i sintomi.
Da cosa nascono le preoccupazioni
Negli ultimi giorni molti media hanno iniziato a parlare di questa “influenza del cammello”. Le preoccupazioni, in realtà, nascono dalla pubblicazione di una nota informativa da parte della Health Security Agency britannica. L’istituto esortava “medici e operatori sanitari a prestare specifica attenzione ai viaggiatori di ritorno dalla Coppa del Mondo“.
Un altro avviso è arrivato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che circa una settimana fa, il 7 dicembre, ha pubblicato un report decennale dei contagi da MERS-CoV. Come riportato anche da Il Messaggero, dal 2012 al 2022 sono stati segnalati 2600 casi confermati in laboratorio. Tra questi, l’84% venivano dall’Arabia Saudita e 28 casi dal Qatar.
Nonostante le preoccupazioni, il MERS-CoV è un tipo di virus che viene trasmesso prevalentemente dall’animale all’uomo; in particolare dai dromedari e i cammelli, da cui ha preso l’appellativo. L’infettivologo Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare della Facoltà di Medicina e chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, ha chiarito che il contagio avviene bevendo il latte crudo dell’animale e, per questo:
“Il rischio di contagio da chi torna in Italia dal Mondiale in Qatar è davvero poco probabile“.
Sintomi e letalità dell’influenza del cammello
Rispetto al Covid-19, che ha una mortalità di solo il 4%, il MERS-CoV ha una percentuale molto più alta. Si parla di di una letalità intorno al 36%; quasi un infetto su quattro. Il virologo della Statale di Milano Fabrizio Pregliasco, ha affermato che il MERS:
“Ha un’alta letalità che non si riesce a controllare da allora (dal 2012 ndr) nelle regioni del Medio Oriente”.
Per l’OMS ad essere più a rischio se infettati dal virus sono “i maschi di età superiore ai 60 anni con condizioni mediche pregresse, come diabete, ipertensione e insufficienza renale“. I sintomi, invece, sono aspecifici e colpiscono principalmente le vie respiratorie; così come per il Covid-19, si va dagli asintomatici a casi di polmonite e crisi respiratoria acuta.
I casi di trasmissione da uomo a uomo sono molto limitati e sono circoscritti all’interno delle strutture sanitarie. L’OMS scrive che, probabilmente, questi si siano verificati prima dell’attuazioni di sistemi di prevenzione. In tal senso, l’infettivologo Massimo Ciccozzi raccomanda le stesse misure di prevenzione a cui siamo stati abituati negli ultimi due anni di pandemia; afferma che: “lavandosi spesso e bene le mani, il rischio di contagio si riduce notevolmente“.
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