di Antonio Stiuso
Il rapper, nipote di un boss catanese, deve scontare 4 anni di carcere per spaccio ed evasione. Si era sottratto alla condanna nonostante ne fosse a conoscenza; nei giorni scorsi, infatti, aveva pubblicato sui social la notizia della sua condanna.
L’arresto del rapper
Il rapper Vincenzo Pandetta, in arte Niko, ha vinto due dischi d’oro grazie al singolo “Pistole nella Fendi”, nel quale canta il famoso ritornello “Maresciallo non ci prendi”, oltre all’album “Bella vita”. Secondo quanto riportato da Tgcom24, il cantante era stato condannato nei giorni scorsi, ma si era sottratto consapevolmente al provvedimento ed è stato, successivamente, rintracciato e arrestato a Milano, zona Quarto Oggiaro.
Al momento dell’arresto, Pandetta aveva in tasca ben 12mila euro. Il rapper, dopo aver fatto perdere le sue tracce nei giorni scorsi, ha dormito in una stanza affittata dal suo manager, un uomo di 33 anni di origini albanesi. Il manager si trovava con lui al momento dell’arresto per spaccio, insieme a un vecchio amico del rapper, un uomo di 38 anni con precedenti per falso, che era alla guida dell’auto sulla quale è stato fermato.
La condanna
Nei giorni scorsi la Cassazione ha respinto il ricorso dei legali del rapper e ha così reso definitiva la condanna a quattro anni di reclusione per spaccio. Pandetta, lo scorso settembre, si era fatto fotografare sul suo profilo Instagram con indosso una divisa da carabiniere, seguita da un commento che recitava: “Maresciallo non ci prendi”.
L’artista, in seguito alla condanna, aveva commentato: “Sono abituato agli spazi stretti, alle case piccole, alle celle, alla scena italiana. Quando tornerò là mi porterò il vostro affetto. Da dentro vi darò nuova musica. Uscirò e mi vedrete più forte di prima”. Successivamente, aveva pubblicato un altro post nel quale dichiarava: “Sono cambiato ma pagherò il mio passato finché ci sarà da pagarlo. Non fuggo più né dalla polizia né dalle mie responsabilità”. Proprio a causa dei suoi post, che testimoniano il fatto che il rapper fosse a conoscenza della condanna, la sua posizione è al vaglio dell’autorità giudiziaria e non si esclude che possa essergli contestata la “procurata inosservanza di pena”; sarebbe così un latitante a tutti gli effetti.
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