di Gabriele Nostro
Aleksandr Gelʹevič Dugin è un filosofo russo definito popolarmente “l’ideologo di Putin”, il suo “cervello” e il suo “padre spirituale”. La sua ideologia viene giudicata da alcuni simile a quella fascista, avendo come principio la visione di una Russia radicalmente nuova, ultranazionalistica. Personaggio di popolarità globale, costituisce uno dei bersagli umani maggiormente arditi dal popolo ucraino.
Esplosione sventata, per poco vivo il fedele di Putin
L’agenzia di stampa russa TASS ha ricostruito la verità sull’esplosione. Dugin doveva essere nella sua auto con la figlia Daria Dugina, quando, a seguito di una deflagrazione, il mezzo è andato distrutto e la donna è morta. L’evento, verificatosi nella periferia di Mosca alle 21,45 della scorsa notte, ha destato grandi discussioni per la sua possibile matrice ucraina. Subito, infatti, si è pensato all’ipotesi di un attentato, compiuto con l’intento di uccidere Aleksandr Gelʹevič Dugin e forse anche la figlia.
Andrei Krasnov, leader del movimento Russky Gorizont e conoscente della famiglia, ha raccontato sconvolto: “Era completamente in fiamme, ha perso il controllo perché stava guidando ad alta velocità ed è volata sul lato opposto della strada“.
Il Comitato investigativo russo, intanto, afferma di credere che l’attentato sia stato “un crimine pianificato in anticipo e su commissione” (ipotizzano dalle forze Ucraine). A respingere le accuse su Kiev, Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha comunicato: “L’Ucraina, ovviamente, non ha nulla a che vedere con l’attentato. Perché non siamo uno Stato criminale, come la Federazione Russa. E, ancora di più, non siamo uno Stato terrorista“.
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