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Delfini ed interazioni sociali, anche i cetacei sorridono?

di Enrico Tiberio Romano

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Nell’immaginario collettivo i delfini rappresentano degli animali estremamente socievoli e propensi al gioco anche con gli esseri umani tant0 che non è certo una rarità vederli protagonisti di spettacoli ed interazioni col pubblico nei parchi a tema e negli zoo. Secondo un nuovo studio questi animali sorriderebbero con i propri simili proprio come facciamo noi in situazioni analoghe, scopri i dettagli.

Anche i delfini sorridono?

Che i cetacei fossero animali estremamente intelligenti e che intrattenessero relazioni sociali anche molto complesse era un fatto già noto alla comunità scientifica che da anni cerca di approfondire le conoscenze in questo senso. In quest’ottica lo studio protagonista del pezzo di oggi, pubblicato su iScience dagli etologi dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Torino, il parco acquatico Zoomarine di Roma, l’Università di Rennes e il parco Planete Sauvage in Francia indaga l’origine di una specie di sorriso osservato tra i delfini.

Il gioco è una componente fondamentale di tutte le società complesse ed i delfini o tursiopi sono fenomenali nell’eseguire acrobazie, finte lotte ed inseguimenti. Durante queste attività si è osservato che i delfini assumono spesso l’espressione “a bocca aperta” quando giocano con altri delfini, ma meno frequentemente quando giocano con gli umani o da soli. Su un campione di quasi 1300 interazioni giocose si è osservata nell’89% dei casi questa posa, ricambiata in un terzo di queste e puntualmente interrotta quando il contatto visivo veniva meno.

“Il gesto della bocca aperta si è probabilmente evoluto dall’azione del mordere, interrompendo la sequenza del morso per lasciare solo l’intenzione di mordere senza contatto. La bocca aperta rilassata, che si vede nei mammiferi, dai carnivori ai primati, uomo incluso, è un segno universale di giocosità, che aiuta a evitare che un gioco di lotta vada incontro a un’escalation conflittuale”, spiega la coordinatrice dello studio, Elisabetta Palagi dell’Università di Pisa.

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