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Omicidio di Lorena Quaranta: lo stress da lockdown potrebbe essere un’attenuante

di Denieli Freitas Nogueira

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La Corte di Cassazione ha ordinato un nuovo processo per Antonio De Pace, condannato all’ergastolo per l’omicidio della fidanzata Lorena Quaranta, avvenuto a Furci Siculo nel 2020. Secondo IlSole24Ore, la decisione si basa sulla necessità di considerare lo stress psicologico causato dalla pandemia di Covid-19, che potrebbe aver influito sulle azioni dell’imputato.

Omicidio di Lorena Quaranta: la vicenda

Nella notte del 31 marzo 2020, Lorena Quaranta, studentessa di medicina, è stata strangolata dal fidanzato Antonio De Pace al termine di una lite. Subito dopo l’omicidio, De Pace ha tentato il suicidio in vari modi, incluso un tentativo fallito di elettrocuzione nella vasca da bagno. La tensione accumulata nei giorni precedenti, acuita dalla paura del contagio da Covid-19 e dalle difficoltà nel cercare assistenza medica, ha contribuito a creare un clima di estremo disagio psicologico per l’imputato.

La Corte di Cassazione, pur confermando la responsabilità di De Pace nell’omicidio e l’obbligo di risarcire le parti civili, ha annullato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Messina. La Suprema Corte ha rilevato che i giudici dovranno considerare l’impatto della pandemia e dello stress correlato sulla responsabilità penale di Antonio De Pace.

Le motivazioni della Suprema Corte

Un elemento chiave nelle argomentazioni della Cassazione è stato il tentativo di De Pace di raggiungere la sua famiglia in Calabria durante i giorni precedenti all’omicidio. Questo comportamento è stato interpretato come un tentativo di cercare supporto emotivo e di alleviare l’ansia che provava. La Corte ha evidenziato che, nonostante il crimine resti inaccettabile, il contesto pandemico e la conseguente angoscia potrebbero aver giocato un ruolo nella vicenda.

Il nuovo processo dovrà esaminare se lo stress e l’angoscia indotti dalla pandemia possono costituire un’attenuante significativa per ridurre la pena di De Pace. I giudici dovranno valutare se l’isolamento e la mancanza di accesso a supporti psicologici e sanitari abbiano ostacolato la capacità dell’imputato di gestire adeguatamente il proprio stato emotivo.

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