di Enrico Tiberio Romano
A distanza di decine di anni un team di esperti ha confermato ciò che Einstein aveva teorizzato sul tempo e ciò che ci circonda. Utilizzando i quasar come orologi cosmici, infatti, è stato possibile osservare come all’alba dell’Universo il tempo si comportasse diversamente.
Il tempo nell’Universo giovane
Per i profani della materia potrà sembrare assurdo ma in astronomia uno dei problemi che crea da sempre più grattacapi agli esperti è quello del tempo ed il suo funzionamento. Questo viene ritenuto una dimensione al pari di larghezza, lunghezza, profondità. Dunque quando si parla del tempo si parla di qualcosa più simile ad una superficie o ad un piano piuttosto che una retta con una direzione ed una velocità stabilite.
Così uno studio dell’Università di Sydney e dell’Università di Auckland, pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, dimostra ciò che Einstein aveva teorizzato sul tempo. Utilizzando come orologi cosmici quasi 200 quasar, infatti, si è osservato come all’alba dell’Universo questo scorresse molto più lentamente. I quasar sono buchi neri supermassicci e iperattivi al centro delle prime galassie e grazie a loro si è capito come “un secondo” allora durasse effettivamente un secondo, mentre oggi questo tempo ci appare dilatato. Questo concetto forse potrebbe provocare qualche mal di testa a moltissimi non addetti ai lavori ma: “Guardando indietro a un’epoca in cui l’Universo aveva poco più di un miliardo di anni, vediamo che il tempo sembra scorrere cinque volte più lentamente” ha spiegato l’autore principale dello studio, Geraint Lewis del Sydney Institute for Astronomy.
Questa espansione dello spazio significa che le nostre osservazioni dell’Universo primordiale dovrebbero apparire molto più lente rispetto a come scorre il tempo oggi. Ciò ci aiuta a comprendere come effettivamente il tempo stia accelerando assieme all’espansione dell’Universo e come sia intrecciato indissolubilmente alla dimensione spaziale.
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