di Gabriele Di Nuovo
Con quasi 60 anni di storia e 25 film all’attivo, James Bond è entrato nell’immaginario collettivo di intere generazioni. Ma qual è il segreto del suo successo così duraturo? Lo scopriremo in questo articolo attraverso le sue origini e le varie pellicole arrivate in sala con l’agente 007 protagonista.
James Bond è stato ideato nel 1953 dallo scrittore britannico Ian Fleming, reso universalmente famoso dalle pellicole basate sui romanzi dei quali è protagonista. Il successo editoriale e soprattutto quello cinematografico, ha portato alla nascita di uno dei franchise più longevi e di maggior successo della storia. Non solo libri, film e videogiochi, ma una vera e propria icona della cultura pop. Dall’iconica frase di presentazione “Il mio nome è Bond, James Bond” al vodka Martini agitato e no mescolato, sono soltanto alcuni degli elementi presenti nella serie entrate nell’immaginario collettivo del pubblico, rendendo l’agente segreto con la licenza di uccidere (il doppio 0 indica proprio questo) un personaggio leggendario.
Le origini e il successo editoriale
Nel 1952 per sconfiggere la noia della vita coniugale, arrivata dopo tanti anni da giornalista sul campo di guerra culminato dalla collaborazione con i servizi segreti britannici, Ian Fleming attraverso le sue esperienze passate lavorò al primo romanzo dedicato a James Bond, intitolato “Casino Royale” pubblicato l’anno successivo. Se l’idea di base è originata dalla vita avventurosa dell’autore, più curiosa è invece l’origine del nome del protagonista.
Fleming grande appassionato di bird watching, possedeva un libro dedicato alla materia scritto da James Bond, un ornitologo americano. Lo scrittore ha semplicemente preso in prestito il nome dello studioso e lo ha usato per il suo agente segreto. Ed è così che l’autore con cadenza annuale dedicherà alla scrittura il suo periodo di soggiorno nella villa di Goldeneye in Giamaica. Con 12 romanzi e 2 raccolte di racconti, Ian Fleming raggiunse il successo globale con le avventure del suo agente segreto. E fu proprio questo ad avvicinare un mondo completamente estraneo all’autore inglese: il cinema.
L’arrivo al cinema
Nel 1961 Harry Saltzman e Albert Broccoli fondarono la EON Productions con lo scopo di trasformare i romanzi di Ian Fleming in film. Dopo una lunga ricerca del loro James Bond, la scelta cadde su un giovane attore scozzese semi sconosciuto, Sean Connery. Fleming era scettico riguardo questa scelta, per via della poca somiglianza con il personaggio da lui creato. Cambiò però subito idea quando lo vide in azione. Nel 1962 arrivò in sala il primo film intitolato “Dr.No”, mentre in Italia è chiamato “Agente 007-Licenza di uccidere”. Con un budget di 1 milione di dollari, la pellicola ne incassò circa 407 milioni in tutto il mondo, dando così vita a quella che oggi è una delle serie cinematografiche più longeve della storia del cinema.
Il merito di tutto questo non va soltanto alla qualità della pellicola, ma anche ad altri elementi. Dall’iconica sequenza gunbarrel d’apertura alle località esotiche visitate dall’agente segreto, agli svariati villain con le loro sfide, fino ad arrivare alle Bond girl, alle auto con diversi gadget tecnologici e i titoli di testa con le canzoni interpretate dagli artisti del momento. Queste caratteristiche hanno consolidato il successo della saga dal 1962 ad oggi.
La conferma della durata del franchise, si può notare anche dal cambio generazionale all’interno della produzione. La EON è attualmente sotto il controllo di Barbara Broccoli e Micheal G. Wilson, rispettivamente figlia e figliastro di Albert Broccoli. Ma su tutti, qual è il segreto che ha tenuto tanto a lungo 007 sui nostri schermi? La risposta è nella sua capacità di adattamento alle varie epoche. Attraverso i vari interpreti e le pellicole in cui sono protagonisti, comprenderemo in modo molto semplice questa evoluzione avvenuta nel corso degli anni.
Il primo 007: Sean Connery (1962-1967)
Con la sequenza gunbarrel e l’iconico tema musicale ideato da Monty Norman, nel 1962 arriva nelle sale “Dr. No”, consacrando così la carriera di Sean Connery. Con il successo della prima pellicola, arrivarono ben altri 4 film (“Dalla Russia con amore”, “Goldfinger”, “Thunderball” e “Si vive solo due volte”) con l’attore scozzese ad interpretare l’agente segreto con cadenza annuale.
Gli elementi che hanno reso un successo la serie negli anni ’60 risiedono in primis nell’interpretazione perfetta di Sean Connery, mostrando un Bond elegante, carismatico e sempre pronto all’azione. Altro punto di forza è la presenza di un auto sportiva entrata subito nell’immaginario collettivo del pubblico di allora: la Aston Martin DB5. Il bolide prodotto dalla casa inglese aveva l’arduo compito di sostituire la Bentley presente nei romanzi di Fleming. La sostituzione avvenne perché Bentley negli anni ’60 non aveva prodotto un auto sportiva, a differenza della Aston Martin con la sua DB5.
Infine la vera forza di queste pellicole risiedono nel suo materiale di origine: i romanzi di Fleming. Le famose Bond girl e i gadget high-tech ideati da Q, sono stati inseriti nei vari titoli ma contestualizzati al presente, rendendo così nuove, innovative e soprattutto di successo le avventure di James Bond. Tutto ha un inizio e una fine, stessa sorte toccò alla EON con Sean Connery. Ormai stanco di aver interpretato lo stesso personaggio per 5 anni consecutivi, l’attore scozzese lascò il ruolo dell’agente doppio 0. Questo naturalmente costrinse la produzione a cercare un nuovo interprete.
La parentesi Lazenby e il breve ritorno di Connery (1969 e 1971)
Subito dopo che Connery lasciò il ruolo, Saltzman e Broccoli si misero alla ricerca del nuovo interprete di James Bond. Tra i primi nomi scelti dai due produttori ci furono Timothy Dalton, che rifiutò perché troppo giovane per il ruolo (negli anni ’80 sarà lui ad interpretare Bond) e Roger Moore. Anche quest’ultimo rifiutò per via del suo impegno nella serie “Il Santo”. Alla fine i due produttori optarono per George Lazenby, un fotomodello australiano semi sconosciuto che riuscì ad ottenere il ruolo grazie ad un incontro di fortuna con Albert Broccoli. Il primo e unico film con l’attore australiano fu “Agente 007- Al servizio segreto di sua maestà”.
La pellicola ottenne un discreto successo al botteghino e successivamente con il passare degli anni venne rivalutato in positivo dalla critica. Inoltre il sesto film dedicato all’agente segreto mostra un evento importante raccontato nei romanzi: il matrimonio di James Bond e Tracy Draco. Questa parte della storia avrà un seguito nel titolo successivo che vedrà il ritorno di Connery nei panni di Bond, segnando così un piccolo passo verso la modernità della serie cinematografica.
Infatti questa è la prima volta che due film sono collegati tra di loro. Se inizialmente gli unici collegamenti con le pellicole precedenti erano solo gli interpreti di M, Q e Moneypenny, nel 1971 con “Una cascata di diamanti” viene mostrato un seguito diretto degli avvenimenti del titolo precedente. Questo è l’unico elemento rivoluzionario mostrato in questo periodo di transizione che si concluderà nel 1973 con l’arrivo di Roger Moore come nuovo Bond.
Ironia, carisma e longevità: Roger Moore (1973-1985)
Dopo il periodo di transizione avuto dal ’69 al ’72, Saltzaman e Broccoli riuscirono a portare a bordo Roger Moore, che in precedenza rifiutò il ruolo di Bond perché impegnato nella serie televisiva “Il Santo”. Il lavoro precedente fu cruciale ai fini della sua interpretazione di 007. Infatti il Bond portato su schermo da Roger Moore è molto ironico, a differenza dei suoi due predecessori, rendendo il personaggio divertente ma allo stesso tempo elegante e carismatico, portando così il pubblico ad apprezzare subito il nuovo interprete.
La prima pellicola intitolata “Vivi e lascia morire” oltre ad essere stato un successo al botteghino e presentare il protagonista in una veste più irriverente, presenta anche un elemento cardine per l’intera serie: la capacità di adeguarsi. “Vivi e lascia morire” uscendo nel periodo di maggior successo del genere Blaxploitation, lo cita inserendo numerosi riferimenti, a partire dall’ambientazione principale fino ad arrivare ai villain, utilizzando lo stesso slang e il vestiario degli antagonisti visti nelle pellicole del genere.
Il Bond più maturo
Questo è uno degli esempi maggiori di come il franchise nel corso degli anni si è adeguato ai tempi, rendendo appetibile il personaggio allo spettatore. Il successo ottenuto da questo approccio ha portato Roger Moore ad interpretare il famoso agente segreto per un totale di 7 film (“Vivi e lascia morire”, “L’uomo con la pistola d’oro”, “La spia che mi amava”, “Moonraker – Operazione Spazio”, “Solo per i tuoi occhi”, “Octopussy- Operazione Piovra” e “Bersaglio Mobile”).
Tra alti e bassi, come ad esempio “L’uomo con la pistola d’oro” ,che ha rischiato di portare alla chiusura del franchise per via degli incassi deludenti, ad exploit al box office, con tanto di elementi sci-fi, di “Moonraker – Operazione Spazio”. Con l’ultimo film del 1985, “Bersaglio Mobile”, Moore all’età di 57 anni decide di abbandonare il ruolo, portandolo così ad essere non solo l’attore che ha interpretato il personaggio per il maggior numero di volte, ma anche il più anziano su schermo. Ma dopo due anni è tempo di un altro Bond e di un nuovo volto.
Il Bond della guerra fredda e del realismo: Timothy Dalton (1987-1989)
Con l’arrivo di Timothy Dalton nella serie, l’attore ha cercato di rivoluzionare il personaggio su schermo. Con un approccio più cupo e serio, James Bond per la prima volta al cinema si avvicina ad essere come la sua controparte cartacea. Senza abbandonare l’eleganza, la professionalità e la simpatia che ha da sempre contraddistinto l’agente segreto, in “Zona pericolo” e “Vendetta privata” vediamo un Bond più realistico, muovendosi anche in contesti esistenti in quel periodo (rispettivamente la guerra fredda e il conflitto con i narcotrafficanti), violento nel modo di agire e con un aspetto psicologico più approfondito rispetto al passato.
Ma nonostante questi elementi più fedeli al mondo creato da Ian Fleming, le due pellicole non hanno ottenuto il successo sperato, tanto da far passare 6 anni dal titolo successivo dedicato a Bond. Questa lunga attesa ha portato Timothy Dalton a lasciare il ruolo e la produzione si è ritrovata di nuovo a dover cercare un altro protagonista. Inoltre il materiale scritto da Fleming era esaurito, tranne per “Casino Royale” di cui all’epoca la EON non deteneva i diritti, e per le pellicole successive ci fu una rivoluzione totale. Non più racconti basati sui romanzi, ma sceneggiature originali che avrebbero utilizzato soltanto i personaggi creati dall’autore britannico. Ed è proprio il James Bond interpretato da Pierce Brosnan ad aprire il nuovo corso per l’agente segreto al cinema.
Tra il vecchio e il nuovo: Pierce Brosnan (1995-2002)
Per sostituire Timothy Dalton i produttori chiamarono Pierce Brosnan, già contattato in precedenza per ereditare il ruolo da Roger Moore, ma che dovette rifiutare per via di un impegno preso in precedenza. Molte voci autorevoli dell’industria cinematografica credevano inutile e superfluo un ritorno della serie, perché consideravano James Bond un personaggio vecchio, legato alla guerra fredda. Il suo essere “un’icona del passato” rendeva difficile contestualizzarlo nel XX secolo.
Ma con “GoldenEye”, arrivato nelle sale nel 1995, il franchise ottenne un successo clamoroso al box office, soprattutto guardando i risultati dei tre film precedenti, smentendo questa tesi presentando un personaggio fresco e ben contestualizzato nel mondo moderno. Allo stesso tempo era però legato ai suoi predecessori (la fonte di ispirazione principale di Brosnan era Roger Moore). Questo fu il vero primo passo verso una diversificazione e un totale adeguamento del personaggio rispetto al contesto storico in cui agisce.
Il troppo stroppia, anche in pellicole come 007
“GoldenEye” ha vari primati come pellicola del franchise di 007. Oltre a presentare un Bond molto più caratterizzato a differenza dei suoi predecessori, il film del 1995 presenta per la prima volta M donna, interpretata da Judi Dench, e la Aston Martin viene sostituita da una BMW Z3 Roadster. Dopo il successo di “GoldenEye”, arrivarono altre tre pellicole con Brosnan protagonista (“Il domani non muore mai”, “Il mondo non basta” e “La morte può attendere”) che ottennero un ottimo successo al box office. Non tutto però andò per il verso giusto.
L’ultimo film del 2002, “La morte può attendere”, nonostante il successo economico, non soddisfò il pubblico e soprattutto la critica. La pellicola venne criticata per la presenza di eventi surreali quasi da far sembrare “Moonraker – Operazione Spazio” del 1979 un racconto realistico. Il problema concreto di questo titolo è l’esagerazione delle sequenze action. Anche in passato il franchise ha presentato situazioni surreali, ma queste si incastravano bene con il cinema della loro epoca, mentre nel 2002 il pubblico e la critica, soprattutto con le premesse delle pellicole precedenti, si aspettavano un film maturo e non un giocattolone per vendere gadget e tie-in videoludici. Il feedback deludente e l’età non più idonea di Brosnan per il ruolo, portò la EON a cercare un nuovo interprete.
Il Bond definitivo (?): Daniel Craig (2006-2021)
Nel 2005 dopo aver contattato circa 200 attori, la EON per il nuovo film di 007 ingaggiò un allora semi sconosciuto Daniel Craig. Dopo svariate voci su un ritorno di Brosnan, quest’ultimo confermò nel 2004 di non voler riprendere il ruolo. Questo portò alla nascita del quarto reboot del franchise.
La prima pellicola arrivata in sala nel 2006 fu “Casino Royale”. La EON riuscì ad ottenere i diritti dell’unico romanzo non adattato in passato grazie alla Sony che ha co-prodotto il film. Infatti è un adattamento fedele del primo libro scritto da Ian Fleming. A differenza del materiale di origine, per la prima volta nella serie cinematografica non appare il personaggio di Moneypenny (mentre nel romanzo è presente) e ovviamente il racconto è ambientato nell’anno di uscita della pellicola. Inoltre l’unico elemento che “collega” questo nuovo film ai precedenti è la presenza di Judi Dench nei panni di M.
Il Bond di Daniel Craig visto in “Casino Royale” è la versione più fedele dell’agente doppio 0. Abbiamo un protagonista cupo, realistico, serio, violento e inesperto, mostrando così un uomo fallibile e sofferente. L’umanità di Bond combinata ai classici elementi della serie, resero “Casino Royale” un successo al botteghino e mostrò al mondo probabilmente il James Bond definitivo. Dopo due anni arrivò in sala “Quantum of Solace” e per la seconda volta nella storia del franchise vediamo un collegamento diretto al titolo precedente. Questa, d’ora in poi, non sarà un eccezione, ma la regola.
Il mito sotto una nuova luce
Nonostante la trasformazione della serie in un prodotto con seguiti diretti, a differenza della struttura autoconclusiva avuta con la maggior parte dei capitoli precedenti, “Quantum of Solace”, pur portando avanti la crescita psicologica del suo protagonista, non offre una pellicola indimenticabile. Ma il vero successo per il Bond interpretato da Daniel Craig arriva con “Skyfall”. Il film del 2012 non fu solo un successo economico (più di un miliardo di dollari al box office globale, rendendolo il miglior film di Bond al botteghino), ma ottenne anche ben 5 nomination ai premi Oscar vincendone 2 (miglior colonna sonora con Skyfall di Adele e miglior montaggio).
Tutto questo fu dovuto ad un’ottima sceneggiatura che portò a sviluppare al meglio il personaggio di James Bond, approfondendo in piccola parte il suo passato top secret. Inoltre si regalò allo spettatore uno dei migliori villain mai visti nella storia del franchise. Senza presentare gadget tecnologici sgargianti, “Skyfall” è il film più realistico del franchise ed è quello che racchiude completamente l’essenza del personaggio creato da Ian Fleming.
Dopo “Skyfall”, il franchise cerca di tornare con un film un po’ più classico, ma con gli elementi presenti nei tre titoli precedenti, con “Spectre” nel 2015. Nonostante il ritorno della famosa organizzazione criminale che fa da titolo e del suo capo Blofeld, la pellicola non riesce a colpire pubblico e critica. Forbes ha definito “Spectre” il peggior film di 007 degli ultimi 30 anni. I problemi principali erano due: scene action molto lente e una sceneggiatura non al livello dei suoi predecessori.
L’ultimo ballo di Craig
Con degli incassi soddisfacenti, nonostante “Spectre” non abbia entusiasmato tutti, i produttori cercarono di tenere Daniel Craig per un altro film. Il suo contratto era per quattro pellicole dedicate a Bond e ormai stanco, dichiarò in modo scherzoso: “preferirei tagliarmi le vene che prendere parte ad un altro film di 007”. Ma andando oltre l’ironia, Craig era veramente convinto di lasciare il franchise, fino a quando Barbara Broccoli presentò un’offerta da 150 milioni all’attore inglese. Inutile dire che scelse di ritornare un’ultima volta nei panni di James Bond. Grazie a questo accordo, iniziò la travagliata produzione di “No Time To Die”.
Inizialmente affidato a Danny Boyle nel 2018 (Boyle aveva già diretto Craig nei panni di Bond nel cortometraggio “Happy and Glorious” per le olimpiadi di Londra del 2012), per via di divergenze creative con la produzione e lo stesso Craig, il regista inglese abbandonò il progetto lasciandolo per mesi nel limbo. Il nome scelto successivamente per la direzione fu quello di Cary Joji Fukunaga, famoso per la regia della prima stagione della serie crime di successo “True Detective”, che avrebbe preso il posto di Boyle, diventando il primo regista americano a lavorare su un film di 007.
Previsto per Aprile 2020, “No Time To Die” venne posticipato più volte a causa dell’attuale pandemia di Covid-19 fino ad ottenere una data di uscita definitiva (30 settembre in Europa e 8 ottobre 2021 USA ). Il 28 settembre si è tenuta la consueta premiere mondiale della pellicola alla Royal Albert Hall di Londra con regista e cast.
Bonus: i film apocrifi di 007
Non solo i film prodotti dalla EON, ma esistono un paio di pellicole e un episodio di una serie antologica che narrano le avventure dell’agente doppio 0. Ancor prima di “Dr. No”, il primo adattamento risale al 1954 ed è intitolato “Casino Royale”. Era un episodio di una serie antologica intitolata “Climax!” con delle piccole modifiche al personaggio creato da Ian Fleming. Dalla durata di 50 minuti, questa versione di “Casino Royale” vede un James Bond agente della CIA affrontare il villain La Chiffre come nel romanzo, ma il tutto ridimensionato per il piccolo schermo.
Molto tempo dopo questo primissimo adattamento, nel 1967, arrivò nelle sale un film parodia con Peter Sellers nel cast e David Niven nei panni di James Bond intitolato “James Bond 007-Casino Royale”. Infine l’ultimo film apocrifo, anche il più vicino ai canonici della EON, è “Mai dire mai”, remake di “Agente 007- Thunderball” del 1965, con Sean Connery che riprende il ruolo nel 1983, ben 12 anni dopo la sua ultima apparizione nelle pellicole targate Saltzman e Broccoli.
Il futuro del franchise di 007
Con l’uscita di “No Time To Die” in sala, è tempo di pensare al futuro della serie. Cosa aspettarsi da 007? Come cambierà per l’ennesima volta in quasi 60 anni di vita al cinema? Chi sarà il nuovo James Bond? Queste sono solo alcune delle domande che fan e critici si porranno da ora fino al primo trailer della pellicola che aprirà il nuovo ciclo. Ma quali sono le possibili strade da intraprendere per il franchise?
Con l’acquisizione di MGM (che detiene il 50% dei diritti di 007) da parte di Amazon, si potrebbero aprire le porte per una potenziale serie TV. Opzione già bocciata da Barbara Broccoli e Micheal G. Wilson che hanno dichiarato: “Facciamo film per il cinema. James Bond arriverà solo in sala”. Anche la stessa Amazon non ha intenzione di “spostare” un franchise redditizio come quello di 007 su Prime Video. Un’espansione su altri media però, come appunto il piccolo schermo, creerebbe un universo condiviso, generando risvolti interessanti. Consoliderebbe la capacità di adattamento ai tempi vista in tutti questi anni dalla serie.
Nuovi orizzonti, vecchio Bond
Non solo un 007 Cinematic Universe tra le opzioni, ma anche una pellicola con un budget non elevato e mostrare Bond in un contesto ancora più realistico e violento rispetto all’ultima interazione, sulla falsa riga di “Logan”. Un’altra possibilità è rimanere sulla stessa linea avuta negli ultimi anni, però puntando su un’azione alla “John Wick”, mantenendo tutti gli elementi caratteristici della serie ma con delle lunghe e frenetiche scene action che possono divertire lo spettatore.
L’unica strada da non intraprendere è quella di copiare la diretta rivale, la saga di “Mission Impossible”. Ultima e non meno scontata come ipotesi è quella dei remake. No dei rifacimenti delle pellicole degli anni ’60 , ’70 e ’80, ma un riadattamento ai giorni nostri dei romanzi scritti da Ian Fleming già visti al cinema. 007 è sempre stato al passo con i tempi e per questo motivo la serie ha quasi 60 anni di storia alle spalle. Nonostante le varie ipotesi sul futuro del franchise, non resta che aspettare il prossimo film fiduciosi: anche questa volta Bond si adatterà e vincerà la sua sfida contro il tempo, non mostrandosi vecchio, ma immortale.
Per altri approfondimenti sul mondo del cinema e delle serie TV, continuate a seguire NCS.
di Gabriele Di Nuovo
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